• 17 Maggio 2024 06:27

Seareporter.it

Quotidiano specializzato in politica dei trasporti marittimi

Il settore attraversa un momento delicato: debiti per 20 miliardi di dollari

Lo sguardo occhiuto delle agenzie di rating non risparmia le compagnie di navigazione. E conferma le difficoltà di un settore in forte sofferenza. Tanto che la notizia del declassamento di Zim Integrated Services Shipping di ieri non giunge completamente inattesa.

A certificare lo stato di crisi del gigante dello shipping israeliano l’affiliata di Standard & Poor’s, S&P Maalot, che ha aggiornato la valutazione del Gruppo da BBB- a BB-. La società – spiega l’agenzia – eroderà la propria riserva di liquidità a causa di un cash flow negativo derivante dalle operazioni in corso. Impietoso il riscontro delle cifre: 66 milioni di perdite nel primo trimestre rispetto all’utile di 37 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente; 397 i milioni di dollari persi complessivamente l’anno scorso.

Un annuncio, si diceva, non inaspettato. Già un mese fa un report della società di consulenza francese Alphaliner evidenziava il cattivo stato di salute di Zim. Anzi, dell’intero comparto del trasporto portacontainer, esposto, per ripianare i debiti a breve scadenza, per una cifra complessiva di 20 miliardi di dollari.

Sulle 17 principali compagnie di shipping (con l’esclusione di MSC, che non pubblica resoconti finanziari) ben otto, secondo i dati Alphaliner, hanno registrato un Ebitda negativo, il che ha comportato il reperimento di nuovi finanziamenti (vendita di azioni, cessioni di attività, acquisizioni di altro debito) per ripagare gli interessi sul debito.

Una situazione finanziaria particolarmente delicata – il comparto sarebbe indebitato con le banche europee per complessivi 500 miliardi di dollari – che, in una ideale tripartizione tra categorie ad alto, medio e basso rischio, vede tra le compagnie maggiormente sotto pressione proprio Zim, in compagnia delle coreane Hanjin e Hmm, e la taiwanese Yang Ming. Seguite dalle giapponesi K Line, Nyk e Mol, la cilena Csav, la francese Cma-Cgm e la cinese Cosco. Infine, con rischi decisamente più bassi Nol (Singapore), Ap Moeller Maersk, Ecm, China Shipping, Hapag Lloyd, Wan Hai.

“Le società di linea del settore container – spiega Alphaliner – hanno evidenziato una notevole resistenza, nonostante abbiano sofferto nel 2011 di perdite operative per sei miliardi di dollari”. A dimostrarlo, l’esiguità dei fallimenti (0,2% del mercato complessivo) che hanno travolto compagnie minori come Tcc, Yanghai Shipping, Johan Shipping e Misc e la previsione per il 2012 di nessun nuovo tracollo.

A fronte di un aumento dei noli registrato a partire da marzo, segnale certamente positivo per una futura ripresa del settore, restano comunque gli ostacoli rappresentati dall’aumento del prezzo del carburante, dal mantenimento dell’attuale trend di crescita delle tariffe, gli esborsi per le consegne di nuove unità previste entro i prossimi tre anni, l’eccesso di stiva.

Alcuni dei fattori, peraltro contestati dalla compagnie israeliana, che hanno contribuito al downgrade di Zim. Risale solo alla fine di aprile, ad esempio, la decisione della compagnia (su cui insistono voci dall’inizio dell’anno di uno scorporamento in due tronconi distinti) di rinviare al 2018 la consegna di nuove unità da 12.600 teu ordinate nel 2007 (in pieno boom delle attività) ai coreani Samsung Heavy Industries.

“Il nostro piano aziendale e le nostre risorse – si difende Allon Raveh, general manager di Zim – sono stati approvati e sostenuti da tutte le banche e le istituzioni competenti, e su questa base di Zim ha stabilito patti finanziari che sono stati modificati per gli anni 2012-2013”. Il giudizio di S&P, spiega, “non tiene conto di una serie di risorse ricavate dalla vendita di attività non strategiche e di operazioni di rifinanziamento che sono parte integrante del business plan della società per i prossimi due anni”.

GG