• 6 Dicembre 2024 05:04

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Occorrono 37,9 mld per 10 opere prioritarie

 

Pedemontana, autostrada dei due mari e linea ferroviaria Monaco di Baviera-Verona. Queste le principali priorità indicate dagli oltre 800 imprenditori italiani che fanno parte delle giunte delle Camere di commercio, interpellati nell’ambito dell’indagine realizzata da Uniontrasporti/Unioncamere.

Presentata nel corso dell’appuntamento annuale sulle infrastrutture realizzato in collaborazione con Capo Horn, l’analisi è incentrata proprio sulla percezione dell’importanza delle infrastrutture presso la comunità economica e imprenditoriale rappresentata all’interno delle Camere di commercio e sull’identificazione, da parte di chi quotidianamente si confronta con il mercato e con i problemi degli operatori economici, delle principali criticità infrastrutturali di cui soffre il Paese.

“Le Camere di commercio, già protagoniste del processo infrastrutturale del Paese”, ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, “intendono continuare a dare il proprio contributo per ridurre il gap che comprime la capacità di sviluppo delle imprese. La nostra azione, quindi, continuerà ad essere significativa sul fronte del partenariato pubblico-privato, fondamentale strumento per superare l’attuale carenza di risorse pubbliche da destinare alla realizzazione di infrastrutture”. Quanto alle opere, “non deve sfuggire – ha aggiunto Dardanello – che il collegamento ferroviario Torino-Lione ad alta velocità è un’opera strategica senza la quale c’è il rischio di una emarginazione del sistema Italia”.

Il primo segnale che scaturisce dall’ “Atlante delle priorità e delle criticità infrastrutturali” è di una inequivocabile e totale insoddisfazione – con punte di disagio massimo – per le ferrovie, di moderata soddisfazione per il sistema autostradale e di fondamentale non conoscenza per i porti. Grande insoddisfazione anche per le reti energetiche e (con un buon mix di scarsa conoscenza) per le reti telematiche, ritenute dal 64% dei contattati molto indietro rispetto agli altri paesi europei.

Sintesi e filosofia dello studio sono espresse nella tabella sulle top ten, le dieci opere strategiche più importanti tra i 135 interventi infrastrutturali considerati di assoluta precedenza, che la maggior parte degli imprenditori e operatori economici “sondati” ritiene non più rinviabili. Opere che nella maggior parte dei casi sono di interesse di una macro-area e non di una singola regione.

Nella top ten occupa la prima posizione l’asse stradale pedemontano piemontese-lombardo-veneto. Al secondo posto per consensi si colloca l’autostrada dei due mari, la Orte Ravenna, considerata opera irrinunciabile, benché non sia stata neppure licenziata ancora in modo definitivo dal Cipe. Al terzo posto l’asse ferroviario Monaco di Baviera-Verona, seguito dall’asse ferroviario (non alternativo, ma quasi, al corridoio V) fra Ventimiglia-Genova-Milano-Novara- Sempione. Al quinto posto si trova la Brebemi, ovvero l’autostrada Brescia, Bergamo, Milano, seguita dalla Asti-Cuneo, quindi dall’asse autostradale Brennero-Verona-Parma-La Spezia. Chiudono la lista la Salerno-Reggio Calabria, il corridoio stradale ionico Taranto-Sibari-Reggio e l’elettrificazione della tratta ferroviaria Aosta-Chivasso.

Per realizzare almeno queste prime dieci priorità indicate dagli imprenditori è necessario un impegno economico pari a circa 73,8 miliardi di euro, che, rapportato all’intero costo del Programma delle Infrastrutture Strategiche, ne rappresenta il 20%. Allo stato attuale risultano già individuate circa la metà delle risorse, resta dunque un fabbisogno residuo di 37,9 miliardi di euro.

L’analisi Uniontrasporti è spietata nel suo realismo: in Italia, paese in cui su strada si muove il 91% delle merci e l’82% dei passeggeri, la rete autostradale è ferma al palo da almeno 5 anni. Ma, nonostante ciò, le critiche si concentrano su altre reti infrastrutturali: il 72% degli interrogati a campione è insoddisfatto della rete e del servizio ferroviario, il 64% dello stato di arretratezza delle reti telematiche, il 50% della viabilità ordinaria.

Importanti indicazioni anche sul tema dei finanziamenti e delle risorse disponibili. Tra il 2008 ed il 2011 gli investimenti per opere pubbliche si sono ridotti del 24% in valori costanti (percentuale che diventa del 27% se si considera la sola PA). E, stando ai dati disponibili ad ottobre 2011, gli investimenti della PA sono destinati a ridursi ancora in misura pesante nei prossimi anni: le stime ufficiali del Ministero dell’Economia e delle Finanze, aggiornate a settembre 2011, parlano di una riduzione degli investimenti della PA del –18% in valori correnti nel 2012 e poi una ulteriore riduzione del 5,8% nel 2013. In questo contesto possiamo dire che senza il PPP lo scenario delle opere pubbliche dei prossimi anni sarà caratterizzato da una profonda ulteriore contrazione della spesa che colpirà in particolare gli Enti Locali.

Il mercato del PPP, in base ai dati disponibili dell’Osservatorio Nazionale del Partenariato Pubblico-Privato, nel periodo 2002-2011 cresce e si afferma. Tra gennaio 2002 e dicembre 2011 sono state indette 13.382 gare di PPP e il valore complessivo del mercato, ovvero l’ammontare degli importi messi in gara, si attesta a quota 67 miliardi. Si è passati da 339  gare per un ammontare di 1,4 miliardi del 2002 a oltre 2.800 gare per 14 miliardi nel 2011.

Infine il ruolo delle Camere di commercio: il 60% del campione ritiene che il contributo della Camera di commercio al processo di ammodernamento infrastrutturale del proprio territorio di riferimento sia stato complessivamente molto positivo negli ultimi 15 anni – valutazioni comprese tra “discreto” e “ottimo”. Questo è evidente soprattutto nei territori del Nord Ovest e del Nord Est dove le percentuali di gradimento per l’operato del sistema camerale superano la media nazionale. In particolare, nel 2010 il volume delle risorse investite dal sistema camerale in infrastrutture ammonta a circa 612 milioni di euro – che rappresenta l’87% del valore complessivo – distribuiti su 520 partecipazioni singole.