• 27 Luglio 2024 06:58

Seareporter.it

Quotidiano specializzato in politica dei trasporti marittimi

L’uso di nanoparticelle di vanadio risulta più efficace e pulito

 

Si chiama fouling ed è uno dei principali problemi per l’industria marittima e l’ambiente. È l’invasione subita da uno scafo immerso di una nave da organismi quali cirripedi, batteri e alghe, il cui  accumulo aumenta la resistenza all’avanzamento degli oggetti in acqua. Con effetti sul consumo di carburante e sulle emissioni di CO2, oltre che sui costi per le compagnie di spedizioni.

Attualmente il fenomeno è combattuto con le vernici anti fouling a base di biocidi, in alcuni casi dannose per l’ambiente e soggette allo sviluppo di resistenza da parte dei microorganismi.

Un metodo che potrebbe presto essere rivoluzionato dalla scoperta di un team finanziato dall’Ue. Ricercatori in Germania e Paesi Bassi, infatti, hanno dimostrato come lastre di acciaio rivestite con nanoparticelle di pentossido di vanadio potevano essere esposte all’acqua di mare per settimane senza la formazione di depositi. Da qui a ipotizzare l’uso del vanadio per lo sviluppo di nuovi rivestimenti protettivi per gli scafi delle navi, per le boe marine e le piattaforme offshore il passo è breve. Tantoché, lo stesso team, ha dimostrato la mancanza di effetti negativi sull’ambiente.

“Le nanoparticelle di perossido di vanadio, per la loro scarsa solubilità e per il fatto che sono inserite nel rivestimento – spiega Wolfgang Tremel dell’Università Johannes Gutenberg Mainz (JGU) – sono considerevolmente meno tossiche per la vita marina rispetto alle sostanze attive a base di stagno e rame usate nei prodotti disponibili in commercio. Qui noi abbiamo un componente compatibile con l’ambiente per una nuova generazione di vernici anti fouling che sfruttano il naturale meccanismo di difesa usato dagli organismi marini”.

Il progetto è stato in parte supportato dal progetto BIOMINTEC (“Biomineralization: understanding of basic mechanisms for the design of novel strategies in nanobiotechnology”), che è stato completamente finanziato da una borsa Marie Curie “Network di formazione iniziale” (ITN) del valore di 2,3 milioni di euro. ©seareporter