Ma sulla liberalizzazione comincia il forcing europeo
In attesa della riforma portuale, mentre in Europa cominciano le operazioni di posizionamento in vista delle norme annunciate da Bruxelles per il riordino del settore, in Italia scoppia la polemica sul ruolo dei servizi tecnico nautici.
Epicentro della discussione l’Autorità portuale di Venezia, guidata da quel Paolo Costa che in più di un’occasione ha sollecitato interventi di liberalizzazione del settore con tanto di segnalazioni all’Antitrust.
L’ultimo capitolo data 24 settembre, in occasione di un incontro con i parlamentari veneti in vista degli emendamenti al testo di riforma portuale approvato dal Senato. Sotto accusa “il meccanismo di formazione delle tariffe” che, spiegava una nota dell’Ap, “non stimola in alcun modo l’efficienza e determina aumenti – anche oltre il 25% – dei costi sopportati dall’utente per una singola toccata”. Un vero e proprio salasso per ogni nave (“più di 32 mila euro”) che spingerebbe lo scalo “fuori mercato” rispetto agli altri porti dell’Alto Adriatico.
Una presa di posizione netta che ha spinto Federimorchiatori a replicare parlando di atto “disinformativo e discorsivo”.
Sottolineando la sostanziale “trasparenza” nella fissazione delle tariffe, in virtù di “un processo che coinvolge in primo piano le Autorità portuali e le associazioni rappresentative di tutti gli utenti del servizio, oltre quelle degli erogatori, con il controllo del Ministero competente”, l’associazione ricorda le particolari condizioni operative del porto laguna: “le manovre delle navi nel porto di Venezia – rileva – richiedono un tempo di impegno al servizio di rimorchio che non ha uguali in Italia. A questo si aggiunge il fenomeno naturale giornaliero dei picchi di marea, che genera un congestionamento del porto complessivamente di circa 5-6 ore al giorno per le navi che richiedono tutto il pescaggio, rendendo impossibile un’organizzazione del servizio spalmata omogeneamente sulle 24 ore”.
Da qui l’invito a non considerare Venezia un punto di riferimento “per cambiare leggi, norme e regolamenti”. “Non è facendo di ogni porto uno stato – insiste Federimorchiatori – che potremo affrontare la crisi e l’auspicata ripresa”.
Parole che dovranno probabilmente essere ribadite nei prossimi mesi a livello europeo dove la questione della “liberalizzazione” dei servizi sta tornado prepotentemente al centro dell’attenzione. Ne ha parlato, ad esempio, Juan Riva, presidente dell’European Community Shipowners’ Associations (ECSA) nell’ambito della consultazione pubblica organizzata dalla Commissione europea sul futuro dei porti.
“Come rilevato in precedenti discussioni, i servizi portuali costituiscono probabilmente il primo elemento su cui è necessario intervenire con una modernizzazione. Questi servizi – ha spiegato Riva – dovrebbero rendersi conto che sono elementi chiave della catena logistica. Il rimorchio è un normale servizio commerciale e non deve essere considerato come un servizio di interesse economico generale”.
Il rappresentante degli armatori europei si è soffermato anche sul pilotaggio, chiedendo di allargare ulteriormente la possibilità di ottenere i certificati di esenzione (PEC). Pur ammettendo che il servizio possa avere “elementi di utilità pubblica” Riva ha esortato a “non abusare del tema della sicurezza” e a sviluppare le tecnologie che riguardano il pilotaggio da terra. “Se le navi possono essere condotte in porto o fatte partire utilizzando sistemi di guida della nave da terra in condizioni meteorologiche sfavorevoli – ha concluso – ci si chiede perché ciò non possa essere fatto in condizioni di bel tempo”.
I commenti sono chiusi.