• 7 Novembre 2024 22:45

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In Campania la mafia vista come fenomeno preoccupante e socialmente pericoloso: sei rispondenti su dieci

Tra le attività principali della mafia in Campania vi è innanzitutto il traffico di stupefacenti(70,8%), l’estorsione(40%) e lo smaltimento illecito dei rifiuti(27%).

Oltre la metà dei rispondenti ritiene che la corruzione sia molto presente nel territorio regionale.

Quattro intervistati su dieci dichiara di conoscere personalmente o di aver conosciuto in passato qualcuno che ha ricevuto o offerto tangenti o altri favori indebiti.

Per tre intervistati su dieci, non denuncia di fronte a fenomeni corruttivi perchè ritengono la corruzione un fatto normale.

Libera presenta LiberaIdee, rapporto sulla percezione e presenza delle mafie e della corruzione in Campania.

Al via LiberaIdee in tour : appuntamento in Campania dal 6 al 11 novembre.

Una regione dove la politica viene vista come di una sfera “altra” rispetto al proprio vissuto quotidiano, un tema sul quale ci si informa ma senza partecipazione diretta. Si riduce anche la tendenza all’ associazionismo: infatti uno rispondente su due non aderisce ad alcuna associazione, mentre la maggior parte di chi si attiva su questo fronte dedica il suo tempo soltanto a una realtà associativa. Una regione dove la mafia viene percepita come fenomeno preoccupante e pericoloso: una regione dove la corruzione è abbastanza diffusa nella percezione e nelle esperienze dei cittadini. Con una sfiducia soprattutto nei confronti di membri del governo e del Parlamento e e dei partiti. E dove chi potrebbe o dovrebbe denunciarla ha paura delle conseguenze o ritengono la corruzione un fatto normale. La fotografia sulla percezione e presenza delle mafie e della corruzione in Campania è stata scattata da Libera che ha presentato il rapporto LiberaIdee, una ricerca sociale quantitativa e qualitativa su 600 questionari pari al 6,0% del campione nazionale (10.343 questionari su tutto il territorio italiano). L’età media degli intervistati è di circa 29 anni. A partire dalla presentazione del Rapporto Libera ha organizzato un tour di LiberaIdee , che vedrà la disseminazione dei dati in Campania dal 6 all’ 11 novembre con iniziative in tutte le province, laboratori, assemblee con operai, con migranti, speaker corner di denuncia sociale, biciclettate per la memoria delle vittime innocenti. Politica.  Emerge con forza una concezione della politica come di una sfera “altra” rispetto al proprio vissuto quotidiano, un tema sul quale ci si informa ma senza partecipazione diretta: soltanto l’16,9% dei rispondenti si ritiene politicamente impegnato, mentre il 46,8% dice di tenersi informato ma senza partecipare. Il 18,7% dichiarano che la politica non gli interessa o che genera disgusto. Partecipazione ed associazionismo. Si osserva una ridotta tendenza all’associazionismo: infatti quasi un rispondente su due non aderisce ad alcuna associazione, mentre la maggior parte di chi si attiva su questo fronte dedica il suo tempo soltanto a una realtà associativa. Tra questi, prevalgono quelli sindacali (31,4%) e di impegno civile (23,7%). La maggior parte dei rispondenti (51,%) dichiara di partecipare episodicamente ad attività di varia natura su mafia e antimafia, mentre il 25,5 % dichiara continuità. Globale è locale. Quando si chiede agli intervistati se ritengono le mafie un fenomeno del Sud, del resto d’Italia, Europeo, globale o di letteratura, il 59,4% degli intervistati campani indica come globale la presenza delle mafie. Preoccupante che il 12,2 % è la quota di coloro che considera la mafia solo letteratura.  In Campania il 61,5 degli intervistati vede la mafia come fenomeno preoccupante e socialmente pericoloso, di contro per il 31,6% degli intervistati campani vede la mafia come qualcosa di marginale o non socialmente pericoloso. Secondo i rispondenti, tra le attività principali della mafia in Campania vi sono il traffico di stupefacenti(70,8%), l’estorsione(40%) e lo smaltimento illecito dei rifiuti(27%), tutti segnalati nel territorio regionale in misura molto più rilevante rispetto al campione nazionale. Tra i fattori sociali considerati rilevanti per l’adesione a gruppi mafiosi spiccano da un lato il ruolo della famiglia e del contesto di riferimento, dall’altro l’assenza di istituzioni e di una cultura diffusa della legalità e le difficoltà economiche e in ambito lavorativo. Guardando alle motivazioni individuali che spingono un individuo ad aderire alla mafia, prevale tra i rispondenti l’idea che l’affiliazione mafiosa sia legata alla possibilità di ottenere guadagni facili e quindi alla ricerca di prestigio e potere. Corruzione. La percezione della diffusione della corruzione in Campania risulta molto più ampia rispetto al campione nazionale (92,7% a fronte del 73,4%). In particolare, oltre la metà dei rispondenti ritiene che la corruzione sia molto presente nel territorio regionale, mentre uno su tre la ritiene abbastanza diffusa. Alla radice della prospettiva disincantata sull’ ampiezza del fenomeno si collocano spesso esperienze personali: quasi quattro rispondenti campani su dieci degli intervistati da LiberaIdee ha incontrato in prima persona o tramite conoscenti richieste indebite di tangenti o altri favori. E’ la sfera politica il principale bersaglio selettivo della sfiducia: il coinvolgimento nella corruzione viene considerato significativo nei confronti di membri del governo e del Parlamento (42,9%) e dei partiti(43,0%). A seguire quindi i funzionari pubblici – coloro che assegnano gli appalti e, più in generale, gli amministratori locali – e poi gli imprenditori. In Campania i motivi principali per cui gli episodi di corruzione non vengono denunciati per timore e sfiducia nel sistema. In particolare: chi potrebbe o dovrebbe denunciarla ha paura delle conseguenze – quasi oltre 64,3 % delle risposte e in seconda battuta, l’idea che la corruzione sia spesso ritenuta un fatto normale ( ben il 37,8%) . A seguire la paura che l’intero sistema sia corrotto, compresi coloro che dovrebbero raccogliere la segnalazione, e la rassegnazione determinata da una presunta inutilità della denuncia (opinione, quest’ultima, espressa soprattutto dai giovanissimi). Colpisce che le azioni ritenute più efficaci da intraprendere per combattere la corruzione si risolvano in atti individuali: denunciare (41,3%), rifiutarsi di pagare (22,7%). Il dato che vede solo un 17% dichiarare che per contrastare la corruzione sia utile votare i politici onesti è un segnale di sfiducia verso le istituzioni molto preoccupante. “Alcuni dati, come quelli, ad esempio, che riguardano il traffico illecito di rifiuti, ci dicono che stiamo andando nella giusta direzione. Altri, sopratutto legati al fenomeno della corruzione, sono altamente preoccupanti – commenta Fabio Giuliani, referente di Libera in Campania – E’ prioritario lanciare, proprio sui temi della corruzione, una grande sfida educativa, partendo dalle politiche dell’istruzione” Mafie straniere. Quasi un intervistato su due ritiene che in Campania vi sia la presenza di organizzazioni criminali di origine straniera con caratteristiche similari alle mafie tradizionali italiane. Consistente è anche la percentuale di coloro che non sono in grado di prendere posizione sul tema. Tra coloro che rispondono in modo puntuale alla domanda, invece, prevale l’indicazione della mafia di origine cinese (19,4%) e a seguire i gruppi nigeriani(13,8%) e albanesi(11,4%). In relazione al rapporto tra migrazioni irregolari e mafie, per poco meno della metà dei rispondenti un ruolo prevalente è svolto dai gruppi mafiosi tradizionali italiani. Anche in questo caso una porzione non marginale di intervistati – uno su quattro in Campania – ritiene di non avere sufficienti conoscenze per rispondere. Beni Confiscati. Sette intervistati su dieci in Campania sanno che i beni che sono stati confiscati vengono poi dati in uso per fini istituzionali o sociali. Inoltre è molto diffusa la conoscenza relativa ai beni confiscati sul territorio regionale: quasi la metà del campione ha informazioni puntuali al riguardo, mentre quattro rispondenti su dieci dispongono di una conoscenza meno specifica. Nella grande maggioranza dei casi – circa otto su dieci – i beni confiscati sono percepiti come una risorsa per il territorio, capace di portare benefici all’intera comunità locale.