• 6 Ottobre 2024 03:43

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I Paesi emergenti alla conquista dello shipping

I risultati del Review of Maritime Transport 2011

 

Aumento della domanda di trasporto marittimo, crescita della flotta mercantile mondiale, maggiore coinvolgimento dei Paesi in via di sviluppo nell’industria dello shipping. Sono le principali notazioni del Review of Maritime Transport 2011, rapporto annuale sullo stato di salute del settore marittimo pubblicato dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (Unctad).

Secondo i dati del rapporto, il 2010 ha registrato una movimentazione totale di 8,4 miliardi di tonnellate merci con un aumento del 28% di nuove navi consegnate che portano la flotta mondiale a una capacità di 1,4 miliardi di tonnellate di portata lorda. In particolare, le nuove consegne si sono attestate a 150 milioni di tonnellate mentre demolizioni e altri tipi di ritiro dal mercato sono ammontate a circa 30 milioni di tonnellate.

Ma il vero elemento di interesse del documento riguarda il coinvolgimento sempre maggiore in tutte le attività dello shipping dei paesi emergenti. “Negli ultimi decenni i paesi in via di sviluppo – spiega Unctad – hanno ampliato notevolmente i loro campi di competenza anche a settori a maggior contenuto tecnologico”. È il caso, ad esempio, della cantierisitca navale (Cina e Corea del Sud), delle demolizioni (Bengladesh), della fornitura i marittimi (Filippine), settori che coprono i tre quarti della fornitura mondiale.

Finanziamento navale, servizi assicurativi e classificazione delle navi sono invece tra i pochi settori appannaggio delle economie avanzate, anche se India, attraverso l’accesso al mercato internazionale della classificazione delle navi ottenuto con l’adesione all’Iacs (International Association of Classification Societies), e Cina, con la disponibilità di due tra le più importanti banche mondiali per il credito navale, stanno scalando velocemente posizioni.

Nasce da qui – ricorda il rapporto – la necessità delle maggiori compagnie armatoriali di affidarsi per mantenere la competitività a beni e servizi provenienti dai mercati emergenti (reclutamento di personale a basso costo e costruzione di unità nei cantieri asiatici, più convenienti di quelli europei e statunitensi), fenomeno, d’altro canto, iniziato già negli anni settanta con il massiccio intervento alle “bandiere di comodo”.

Nonostante ciò – conclude il documento – “molti Paesi meno sviluppati non hanno ancora la capacità di partecipare pienamente alle attività marittime, che richiedono capacità tecnologiche sempre più avanzate e la presenza di cluster industriali o di servizi. Pertanto queste nazioni si trovano ad affrontare la doppia sfida di dover migliorare le loro strutture portuali per accogliere navi più grandi e nel contempo assistere ad una riduzione della concorrenza che determina una diminuzione dei servizi regolari di trasporto marittimo che fanno scalo nei loro porti”.