• 19 Aprile 2024 21:10

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La pirateria marittima minaccia i Paesi del Mediterraneo

Convegno a Napoli sulle strategie di contrasto al fenomeno

Il Golfo di Aden è vicino. La pirateria ha contribuito alla crisi del trasporto marittimo internazionale con un aumento generalizzato dei costi. Riscatti, aumento della velocità di navigazione, assicurazioni, sicurezza attiva e passiva. Fino all’idea  di bypassare Suez, attraverso cui si svolgono i 2/3 del traffico petrolifero mondiale e la metà di quello container. Circumnavigare l’Africa  per raggiungere in sicurezza i porti del Nord Europa. Una scelta capace di marginalizzare il Mediterraneo; e quei territori come la Campania, veri e propri pilastri di un armamento che con le sue attività contribuisce al 2,6% del Pil nazionale.

Nasce anche da queste considerazioni la scelta di svolgere a Napoli il convegno “La Pirateria marittima minaccia i Paesi del Mediterraneo. Istituzioni e industria: la forza di una strategia di contrasto comune”, organizzato dall’Istituto Italiano di Navigazione, in collaborazione con la Camera di Commercio di Napoli.

“La pirateria marittima, per le sue conseguenze ad ampio spettro, è un’emergenza anche per il nostro sistema imprenditoriale. Non è quindi solo un problema dell’Egitto e del Canale di Suez ma è un problema anche dell’Italia e delle città portuali”, ha confermato Maurizio Maddaloni, presidente della Camera di Commercio di Napoli. “Da qui la necessità e quindi l’importanza e la responsabilità istituzionale del sistema di rappresentanza delle imprese di accendere un riflettore potente su un fenomeno che va tracciato con competenza e affrontato attraverso strategie condivise da tutta la filiera marittima”.

Al centro dei lavori la relazione del Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio Giuseppe De Giorgi: “Oggi, la Marina Militare continua con immutato impegno la sorveglianza marittima nel Mediterraneo, ivi compreso il concorso al controllo dei flussi migratori e il controllo di tutte le attività che si svolgono in mare. Siamo anche impegnati in Oceano Indiano – sia con assetti navali che con personale di staff – nelle operazioni antipirateria denominate “ATALANTA” (sotto egida U.E.) e “OCEAN SHIELD” (sotto egida NATO). Una missione vitale per il paese consistente nella protezione delle rotte lungo le quali transitano il petrolio e le materie prime che importiamo e le merci che esportiamo, rotte che fanno capo ai nostri porti di Gioia Tauro, Trieste, Venezia, Livorno e Genova, porti che competono con gli altri hub europei. La pirateria, assai attiva in quell’oceano, penalizza l’Italia in maniera marcata: basti pensare che all’insorgere di questo fenomeno il 16% delle navi che fino a poco tempo fa attraversavano il Mediterraneo preferiscono oggi circumnavigare l’Africa ed attraccare direttamente nei porti del Nord Europa anziché nei nostri”. Tra i punti critici emersi sulla scorta di questa esperienza di contrasto: la necessità di modificare il codice penale per le operazioni non di guerra che implicano un uso della forza; una nuova regolamentazione nelle attività di arresto e detenzione dei pirati; più accordi con gli stati rivieraschi.

Diversi gli spunti emersi dalla successiva tavola rotonda: dalla proposta di investire sulle “smart navigational route” (come i sistemi di rilevamento satellitari) all’uso delle “non lethal weapon”, fino alle implicazioni della legislazione che sblocca dopo anni di attesa la possibilità di imbarcare a bordo guardie private; condivisione  unanime anche sulla necessità di non abbassare la guardia e di mantenere attive tutte le possibili risposte. In questa direzione l’Istituto Italiano di Navigazione ha anche sottolineato l’importanza di monitorare l’attuale evoluzione del fenomeno piratesco in altre aree geografiche, quali ad esempio il West Africa.

A conclusione della giornata , la proposta di avviare un Osservatorio sulla pirateria marittima per il Mediterraneo. “Una proposta” ha dichiarato il Presidente Vicario dell’Istituto Italiano di Navigazione Luca Sisto “che poggia sulle specifiche competenze delle componenti iscritte e attive nell’Istituto: armatori, equipaggi, Marina Militare, Ministero degli Esteri, Ministero dei Trasporti, Guardia Costiera, industrie del settore della difesa nazionale e dei sistemi, giuristi ed economisti dei trasporti dei principali poli universitari nazionali specializzati. L’Osservatorio si propone di avviare, anche con il supporto del sistema camerale, l’analisi dei rischi che una potenziale marginalizzazione del Mediterraneo – causata dall’insicurezza delle rotte dell’Oceano Indiano da e verso il Mar Rosso e Suez – potrebbero derivare per le economie dei Paesi del Mare Nostro e dell’Italia in primis”.

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