• 6 Maggio 2024 01:20

Seareporter.it

Quotidiano specializzato in politica dei trasporti marittimi

La professionalità delle risorse umane e lo sviluppo della tecnologia al servizio della sicurezza della navigazione e dei porti

Intervento Mario Esposito, Presidente Ormeggiatori e Barcaioli Porto di Napoli
Innovazione ed Efficienza delle imprese marittime: la parola ai giovani

Buonasera a tutti,
E’ la mia prima partecipazione ad un convegno organizzato dal propeller club giovani del quale faccio parte da pochi mesi. Vedere una platea così folta dimostra un forte spirito di collaborazione tra i soci, spirito che deve essere alla base di un proficuo consociativismo, utile al perseguimento degli scopi che si prefigge il nostro club. E’ un piacere essere qui.Inizio col salutare il nostro presidente nazionale Umberto MASUCCI impegnato ora a Panama, un saluto va a Roberto Coccia ed a Simona COPPOLA ringraziandoli per aver pensato ed organizzato un convegno sull’argomento dell’innovazione ed efficienza delle imprese marittime. In fine mi presento per quelli che non mi conoscono, sono Mario ESPOSITO presidente del Gruppo Ormeggiatori e Barcaioli del Porto di Napoli. La mia esperienza ventennale nell’ambito marittimo portuale mi spinge a sottolineare che il tema affrontato nel convegno odierno ha un suo perché e posso testimoniarvi che l’innovazione in termini di risorse umane, tecnologiche, strutturali, l’aggiornamento costante della propria impresa al passo coi tempi, sono elementi fondamentali per qualsiasi attività svolta nell’ambito marittimo portuale. La mia convinzione è sull’importanza che assume la professionalità e il valore delle risorse umane a favore dell’intero sistema di sicurezza dei porti, che contribuisce a rendere, coniugata allo sviluppo tecnologico, la navigazione più sicura soprattutto nel nostro mare. A nessuno sfugge la vera e propria rivoluzione in corso che va sotto il nome di globalizzazione, ossia l’estensione del libero commercio, la mobilità degli investimenti, la diversa articolazione della stessa attività produttiva che da verticale diventa a rete, la riduzione del senso di isolamento avvertito in gran parte del mondo in via di sviluppo, che ha consentito a molti di accedere a conoscenze di gran lunga superiori rispetto a quelle in essere fino a pochi anni fa. Sappiamo che per gli effetti della globalizzazione, molte persone vivono oggi più a lungo e con un tenore di vita superiore rispetto al passato. Quindi, da un lato, parliamo di “una forza positiva” che ha portato enormi vantaggi, anche se dall’altro, per il modo in cui è stata gestita, registriamo che troppe persone, soprattutto nei Paesi più poveri e meno sviluppati, non hanno avuto i dovuti benefici e persistono, ed in alcuni casi si sono aggravate, situazioni di povertà, disuguaglianze, disoccupazione. C’è da registrare inoltre, che nei pesi avanzati si è estesa l’area della precarietà del lavoro – come un sistema caratterizzato dal minimo livello possibile di regolamentazione, di contrattazione e di garanzie di impiego – e nel frattempo si è aggravata altresì, in modo abnorme, la distanza tra lavoratore e manager. L’elemento comune che si registra sia nei Paesi sviluppati che nei Paesi emergenti, è l’aspetto rilevante delle disuguaglianze delle masse di lavoratori di qualunque professionalità rispetto alla proprietà e al ruolo direzionale dell’azienda. Ma per l’economia delle nostre attività rileviamo che la globalizzazione, in buona sostanza, significa una maggiore interdipendenza tra i Paesi e i popoli del mondo, favorita sostanzialmente dall’enorme riduzione dei costi dei trasporti determinato dalle nuove tecnologie, in particolare quelle legate alle telecomunicazioni e all’informatizzazione, e dall’abbattimento delle barriere che ha consentito una rapida circolazione internazionale di capitali, beni, servizi, conoscenze generando, peraltro, quel fenomeno definito delocalizzazione. Quello che a noi interessa è che questo processo non poteva svilupparsi se non si fosse intensificato, potenziato e ammodernato il trasporto marittimo internazionale. Da qui l’enorme sviluppo della containerizzazione e la costruzione di sempre più voluminosi vettori marittimi. Ed è da questa realtà che nascono i problemi che travagliano il nostro Paese, ed in particolare il nostro settore, perché emerge l’esigenza di intercettare tutto il traffico del Mediterraneo, attraverso la messa in atto di una massa importante di investimenti che però devono essere oculatamente mirati, in una coerente visione di sistema e quindi tali da recepire quel ruolo che l’Italia può assumere data la su posizione geografica e la sua storia marittima commerciale, così com’è importante una politica economica che non contraddica questo processo in atto. Allo stato attuale però, sembra quasi che il settore marittimo-portuale con la sua importanza economica per la nazione, serva solo a riempire  un piccolo spazio nel contesto socio-economico del nostro paese. Basti leggere l’ultimo allegato infrastrutture del DEF. Per quel che ci riguarda, noi ormeggiatori-barcaioli, già da tempo, abbiamo tenuto all’adeguamento dei nostri mezzi terrestri e navali fornendoli di nuove attrezzature quali verricelli elettri, bow trhuster, ed altri, nonché all’aggiornamento professionale costante del personale, avendo creato un piano di formazione continua su piattaforma FAD, accreditata con il Comando Generale Delle Capitanerie di Porto e con il Registro Navale. Dal punto di vista tecnologico, Le nostre sale operative si sono dotate di sistemi di monitoraggio portuale e di AIS passivo per il controllo dei flussi di traffico marittimo, al fine di migliorare gli standard della nostra professione, al servizio della sicurezza della navigazione e dell’approdo in acque portuali. In questa direzione la tecnologia deve essere propriamente utilizzata e favorire il difficile equilibrio di cui all’oggetto del nostro convegno. Sappiamo, infatti, che l’investimento in termini tecnologici e di risorse umane, una volta adeguatamente impegnato nel campo marittimo, consente una navigazione più sicura in tutte le fasi del viaggio, che, combinata allo sviluppo dell’interscambio a livello mondiale, favorirà la realizzazione di ulteriori performance di crescita e più sicure condizioni della navigazione e delle acque portuali. Ma in riferimento all’attività marittima, mi preme sottolineare il fatto che al centro della discussione c’è l’uomo che governa la nave. È proprio in tale quadro che noi intendiamo fare emergere un aspetto che nel nostro campo è fondamentale: cioè, l’indispensabilità della presenza dell’uomo anche davanti al massimo di automatizzazione di tutti i processi che riguardano la nave stessa, lo stato delle diverse strutture che la compongono, il buon funzionamento degli apparati motore, i sistemi di navigazione veri e propri. Dico questo per sottolineare che qualunque sia il livello tecnologico raggiunto, i valori umani superano tutte le altre valutazioni, nel senso che tutti i sistemi automatici e tutti i parametri che vengono analizzati attraverso le strumentazioni di bordo, possono anche essere previsti come proiezioni di impianti computerizzati: ma questa previsione è la meccanica conseguenza, il risultato, di “asettici” valori e di dati rilevati. Non bisogna mai sottovalutare che le navi sono macchine da gestire in ogni singolo momento, spesso con un equipaggio ridotto che fa un lavoro straordinario, anche se nessuno se ne accorge. L’esperienza ci dimostra, che nel nostro campo la qualità marinaresca, che trova le sue origini nelle millenarie tradizioni dell’uomo, è una esigenza insostituibile perché è da questa qualità che nasce quella intuizione che solo l’uomo può avere nel capire ciò che dai pur completi rilevamenti tecnici non sempre si evince e quindi le azioni conseguenti non risultano esaustive. Quindi il nostro binomio; innovazione tecnologica – multiprofessionalità dell’operatore marittimo portata al massimo standard possibile, è ancora esigenza essenziale, e più di ogni altra cosa, in tutti quei momenti che vanno vissuti in prima persona, dove le responsabilità sono tante: la nave, il carico, i tempi di consegna, le manovre d’ormeggio soprattutto durante le condimeteo avverse nelle quali occorre mantenere quella resistenza, psicologica e fisica, per far sì che a bordo tutti capiscano che si sta attraversando un momento dal quale, per l’efficiente organizzazione e competenza, facilmente se ne esce fuori.

 Vi ringrazio per l’attenzione.