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Deficit logistico. Su strada i container Divella per il porto di Napoli

DiCatello Scotto Pagliara

Feb 16, 2012

Tariffe ferroviarie alte, Iso sospende il collegamento con la Puglia

 

La chiamano “sovrattassa logistica”. È l’inefficienza distributiva che pesa sul sistema produttivo nazionale minandone alla base la competitività. Parte dagli scali, naturali luoghi d’arrivo e partenza della merce, e si evidenzia subito dopo. Con un gap fatto di ritardi infrastrutturali, burocratici e doganali. Mercati bloccato e tariffe alte.

Una distanza dal resto d’Europa che si manifesta, ad esempio, soprattutto quando si analizza la quantità di traffico movimentata dai nostri porti su ferrovia. L’Italia non solo movimenta mediamente meno dei principali Paesi con cui compete (9,9% rispetto al 15,7% della Francia e al 21,4% della Germania) ma arranca abbondantemente rispetto alla media europa (17%).

Il risultato è uno sbilanciamento della modalità di trasporto merci rispetto alla strada con costi maggiori in termini economici, ambientali e di salute. Senza contare, come è avvenuto recentemente, che uno sciopero del settore o difficili condizioni meteorologiche rischiano di bloccare l’intero Paese.

Una situazione deficitaria che tocca anche il porto di Napoli, naturale sbocco verso l’estero per la produzione di qualità proveniente dalla Puglia. E proprio sull’asse Campania-Puglia si registra l’ennesimo esempio della “sovrattassa logistica”. A denunciarla è stato Francesco Divella, amministratore delegato dell’azienda omonima, attiva da 120 anni nella produzione della pasta e marchio di punta del Made in Italy negli Stati Uniti.

Dall’inizio del 2012, infatti, i collegamenti ferroviari di container da e per lo scalo partenopeo – la via più conveniente per esportare in America dalla Puglia – sono stati sospesi da Iso, società cui Trenitalia aveva affidato il servizio, con un accordo che prevedeva la fornitura anche di vagoni e locomotore. Il motivo della disdetta, comune alla sospensione di altri collegamenti ferroviari e alla base della crisi di Ferport (la società partecipata, messa in liquidazione, che si occupava, tra l’altro, anche della movimentazione dei container della Divella all’interno dello scalo), i continui aumenti tariffari messi in opera da Trenitalia.

Il risultato: gli imprenditori della pasta – ma è anche il caso di altre aziende come Peroni, il distretto dei salotti o del marmo di Trani – sono tornati al trasporto su gomma. Con aggravi, visto anche la cancellazione del servizio MSC che collegava Bari con Gioia Tauro, di 300 euro a container: 150 mila al mese considerando una movimentazione media di 500 container, come nel caso della Divella.

Una situazione, considerando i fiumi di parole che si spendono sulla “buona logistica”, paradossale ma che non stupisce più di tanto. Venuti a mancare le sovvenzioni pubbliche che spesso garantivano la fattibilità dei convogli da e per il porto, Trenitalia è corsa ai ripari sfruttando la posizioni di vero e proprio dominus del settore, imponendo i propri prezzi.

Basti pensare che a tutt’oggi un qualsiasi treno merci privato deve essere non solo obbligatoriamente immatricolato da Fs ma anche superare, per muoversi, il “nulla osta” di Cargo, controllata di Trenitalia che pianifica e gestisce i carri merci.