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Corsa più complicata per la privatizzazione di Tirrenia

DiGabriele Nosso

Lug 18, 2011

Fondi pubblici e l’accoppiamento con Siremar rendono più difficile la partita

Si dimezzano i pretendenti per Tirrenia e Siremar. Superata la fase della due diligence (la lettura dei documenti contabili e legali) i potenziali acquirenti che hanno presentato la “confort letter” (dichiarazione degli istituti bancari che garantiscono il finanziamento) si sono ridotti ad otto. Nella corsa alla privatizzazione rimangono dunque i fondi Carlyle, F21 e Cinven Limited, il gruppo logistico Trans Ferry Spa, la Moby di Vincenzo Onorato, la Gnv di Silvano Cassano, il raggruppamento Gestioni Armatoriali e TT&T guidato da Nicola Coccia e Mediterranea di Navigazione, che unisce Regione Sicilia, il fondo Cape e gli armatori Giovanni Visentini e Salvatore Lauro. Un passo indietro, invece, per il gigante partenopeo Grimaldi e Corsica Sardinia Ferries che si è detta “non interessata” all’acquisizione dei collegamenti con la Sicilia.  “Le otto conferme da parte di altrettanti qualificati soggetti interessati all’acquisto di Tirrenia – ha spiegato il ministro Matteoli – danno atto della validità del progetto proposto per la privatizzazione della società di navigazione e dimostrano fiducia nell’operato del governo. Sono quindi soddisfatto di come va avanti la procedura di cessione dell’intero capitale sociale che si svolge secondo i tempi previsti”. In realtà, l’ottimismo profuso dal ministero e dal presidente di Fintecna Maurizio Prato, il quale, dopo la presentazione dei piani industriali e delle “offerte vincolanti”, prevede la cessione del gruppo addirittura entro la fine di luglio, potrebbe scontrarsi con una serie di difficoltà non messe in conto. L’accoppiamento Tirrenia – Siremar, come mostrato dal caso di Corsica Sardinia Ferries e da alcune dichiarazioni di Onorato e Cassano, suscita non poche perplessità presso i concorrenti ancora in lizza mentre è ancora tutta da chiarire la questione legata alle sovvenzioni statali. In effetti, la procedura di privatizzazione del gruppo – 900 milioni di debiti e una valutazione del naviglio ancora in alto mare – prevede per l’acquirente l’appetibile possibilità di usufruire per otto anni di fondi pubblici pari a 72,6 milioni l’anno, per la copertura delle linee di utilità pubblica. Su questi aiuti, tuttavia, grava un probabile giudizio negativo da parte della Commissione europea che ha già messo in mora l’Italia per una errata applicazione del regolamento europeo sul cabotaggio marittimo. Un punto interrogativo, arrivati a questo punto, che, complicando ulteriormente la partita, potrebbe indurre a svolte clamorose, come la tentazione di far saltare il tavolo ottenendo in un “secondo giro” condizioni più favorevoli come lo scorporo delle due società. Qualora si avverasse questo scenario non sarebbe da escludere il ritorno ai nastri di partenza di alcuni gruppi (in primis Corsica Sardinia) interessati alla sola Tirrenia.

Giovanni Grande