• 27 Luglio 2024 03:55

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La procura di Crotone apre un’inchiesta. Esposto di un ex marittimo

 

La questione dell’amianto sui traghetti Tirrenia fermi nel porto di Crotone è arrivata in Senato. L’On. Dorina Bianchi, componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’osservatorio Nazionale Amianto, si è fatta promotrice di un’interrogazione ai Ministri della Salute e dell’Ambiente sui rischi per l’incolumità pubblica derivante dalla presenza di “navi della Tirrenia, pare provenienti da Livorno, che da molto tempo ormai stazionano nello scalo al punto da essere visibili e riconoscibili da diverse zone della città”.

L’iniziativa, con cui la Bianchi chiede una “bonifica” dell’intera area, segue l’apertura di un’inchiesta da parte della procura di Crotone in seguito ad un esposto di un ex marittimo della Tirrenia, Giovan Giuseppe Cuccaro, effetto da mesotelioma. Cuccaro, 71 anni, è stato imbarcato, in particolare, sulle navi Flaminia (attualmente ormeggiata a Crotone), Aurelia, Nomentana e Clodia (fino a poco tempo fa “parcheggiata” nello scalo calabrese).

La mossa della magistratura ha riaperto la polemica sull’uso del porto come “cimitero” per traghetti in disuso rifiutati da altri porti e ormeggiati a Crotone praticamente a costo zero, come evidenziato da una recente puntata della trasmissione Report.

“E’ indecorosa e irrispettosa – ha denunciato Giusy Regalino, capogruppo di “Manifesto per Crotone” – l’indifferenza e la scarsa sensibilità nei confronti dei cittadini crotonesi , di fronte a problemi che possono essere ulteriormente causa scatenante di altre patologie tumorali. Mi sembra che si continui ad avere un atteggiamento di superficialità, verso una città che continua ad avere problemi di inquinamento, nell’accogliere queste navi che sono un serio rischio per i crotonesi”.

Al vaglio della procura, oltre alla testimonianza di Cuccaro, il materiale fotografico attinto dal sito del comitato “Marittimi esposti e vittime dell’amianto” dell’Ona che denuncia anche un recente incidente a bordo della Flaminia con perdita di liquido oleoso in mare.

Raccapricciante la sfilza di testimonianze raccolte dall’associazione in questi anni che aprono un drammatico squarcio sulle condizioni di lavoro dei marittimi a partire dal ‘60. “Nella sala macchine – ricostruisce ad esempio Sarah Musap, figlia di Massimo, morto nel 2010 – le coibentazioni erano quasi sempre in amianto; molto spesso la pressione del vapore durante la navigazione disintegrava il cuscinetto isolante, determinando la dispersione delle fibre in esso contenute. Bisognava, quindi, intervenire, rimuovendo il cuscinetto e sostituendo la guarnizione in cartone d’amianto della flangia, ritagliandola manualmente da un foglio di amianto. Tutte le valvole del vapore avevano, come tenuta dell’asta, delle baderne a sezione quadra in treccia d’amianto. Circa con frequenza semestrale, tali baderne dovevano essere sostituite e si trattava di centinaia di valvole. L’attività di ufficiale di macchina prevedeva la permanenza in sala macchine per almeno 10 ore al giorno. Non vi era traccia di cartelli che segnalassero il pericolo dei materiali contenenti amianto e la necessità di indossare tute specifiche e maschere respiratorie per polveri classe P3”.