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Porto di Ravenna. “Veliero nella nebbia”: attracca con l’intervento dell’uomo (pilota) e della tecnologia

DiCatello Scotto Pagliara

Ott 23, 2018

Ravenna, 23 ottobre 2018 – Il 13 ottobre scorso, all’orizzonte delle ostruzioni del porto di Ravenna è apparsa, dalla fitta nebbia, nave Vespucci. Sembrava di essere dentro la tela “Veliero nella nebbia” di Caspar David Friedrich. Preda della sindrome di Stendhal? No, realtà: la nave scuola italiana, la più bella del mondo, doveva approdare nel porto canale di Ravenna e in quelle condizioni si ritrovava in difficoltà. Ecco, quindi, che si sono resi necessari in una sola volta l’intervento dell’uomo (pilota) e della tecnologia (PPU, Pilot Portable Unit e un laptop dedicato con le carte nautiche ECDIS digitali. ). Quello di Ravenna è stato il primo porto del Mediterraneo a dotarsi, già nel 2007, di unità PPU grazie a un investimento da 90.000 euro sostenuto dall’allora Autorità Portuale per l’acquisto di tre supporti di questo tipo.

Oggi si sente parlare sempre in maniera pressante di “navi del futuro”, mezzi che non prevedono impiego di personale imbarcato. Ma fino a che punto il binomio “tecnologia ed  efficienza”, pur senza l’ausilio dell’apporto umano, è sostenibile?  La risposta alla domanda sta in un sistema marittimo ritenuto “lento e tradizionale”. Tesi supportata dai cambiamenti previsti nell’arco di breve in Finlandia, Norvegia e Olanda dove la tecnologia spazzerebbe la tradizione intesa come disciplina, senso di responsabilità e capacità di affrontare le varie situazioni oltre alla valutazione dei rischi. Dunque si alle nuove tecnologie, purché siano di supporto al lavoro dell’uomo e non ne sostituiscano il contributo. Albert Einstein sosteneva che “Il calcolatore è straordinariamente veloce, accurato e stupido. L’uomo è incredibilmente lento, impreciso e creativo. L’insieme dei due costituisce una forza incalcolabile”. A dargli ragione un esempio di come le intelligenze, umana e artificiale, possono convivere arriva da Ravenna, dove, il 13 ottobre scorso, per far attraccare in un Porto Canale avvolto dalla nebbia nave Vespucci, l’unità a vela della Marina Militare dove a bordo si formano a diventare professionisti del mare gli ufficiali di domani, si è dovuti intervenire con uomo (pilota) e tecnologia (Pilot Portable Unit e laptop dedicato con le carte nautiche ECDIS digitali. Un ricevitore satellitare, per reti GPS/GLONASS/Galileo, in grado di indicare il posizionamento esatto della nave, con un grado di approssimazione di pochi centimetri. Il suo uso, tramite una consolle e-nav a cui fanno capo tutti gli strumenti di bordo, combinato alle competenze ‘tradizionali’ dei piloti, acquisite negli anni di esperienza, aiuta a prevedere continuamente la posizione in mare della nave. Senza dubbio un valido supporto per la navigazione in spazi ristretti, o comunque laddove, più in generale, sono richiesti maggiori margini di sicurezza. Apporto tecnologico ma con la competenza e la conoscenza dell’uomo. Quello di Ravenna è stato il primo porto del Mediterraneo a dotarsi, già nel 2007, di unità PPU grazie a un investimento da 90.000 euro sostenuto dall’allora Autorità Portuale per l’acquisto di tre supporti di questo tipo. Il mondo dei piloti dei porti e Fedepiloti in particolare guardano con interesse alle nuove tecnologie, facendo una corretta valutazione degli studi effettuati, affinché si arrivi agli obiettivi prefissati: la maggiore sicurezza e il minore inquinamento ambientale, ma non se a pagare sia l’equipaggio con l’abbattimento dei costi. Non bisogna sottovalutare, infine, le ricadute normative, per prima l’armonizzazione con le attuali regole previste dal codice della navigazione e i nuovi possibili profili di responsabilità delle navi senza personale. Quindi il rischio di ingessare il traffico nei porti. Conseguentemente all’entrata in vigore (10 ottobre) del Decreto Ministeriale sulla formazione e l’aggiornamento dei piloti, Fedepiloti si è schierata in prima linea impegnandosi per l’attuazione di una “politica sociale”, un progetto incentrato sulle professioni del mare e il recupero del know how della tradizione marittima italiana e abbinarla alla tecnologia.  Fermo restando che “il computer è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti” (cit.Umberto Eco).