• 24 Aprile 2024 05:36

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Fincantieri, i sindacati puntano al piano di rinnovo della flotta militare

Sul futuro chieste al governo risposte concrete

Passare dalle parole ai fatti. Riattivare il tavolo del settore navalmeccanico. Definire una politica industriale in grado di favorire la capacità competitiva di un settore, come la cantieristica navale, in lotta per la difesa delle sue quote di mercato. L’appello ad un’incisiva azione di governo arriva da Fiom, Fim e Uilm e chiama in causa il destino di Fincantieri e il rischio di non poter garantire prospettive certe per il futuro di tutti i siti e per tutte le persone che vi lavorano.

Sotto accusa, innanzitutto, il ricorso all’appalto delle attività produttive, una pratica che “sta determinando il coinvolgimento anche di ditte nelle quali i lavoratori sono sottoposti a condizioni fortemente penalizzanti”. Il fenomeno, in mancanza di regolamentazione, rischia di scaricare sui lavoratori le difficoltà legate alla più grave crisi della cantieristica mondiale. “Tutti gli addetti del settore, devono poter godere degli stessi diritti ed usufruire delle stesse protezioni in termini di ammortizzatori sociali, senza escludere il ricorso ai Contratti di Solidarietà, condizioni che oggi, nel settore, non sono garantite”, spiegano le rappresentanze dei lavoratori.

Ma è su una politica industriale in grado di garantire diversificazione produttiva, ricerca e innovazione, che i sindacati pungolano l’esecutivo. A partire dal piano di efficientamento presentato dalla Marina Militare Italiana. L’idea, lanciata nei mesi scorsi, prevede un investimento da 12 miliardi per un radicale rinnovamento della flotta. “L’obiettivo di rinnovare una obsoleta flotta navale italiana, consentirebbe di concentrare investimenti nei settori a fortissimo ritorno occupazionale, di garantire allo Stato un sufficiente ritorno finanziario dell’investimento, di rilanciare, in tale logica, gli investimenti alla ricerca ed alla innovazione. Potrebbe soprattutto garantire, per i lavoratori del settore navale, una prospettiva certa di uscita dalla spirale della cassa integrazione e di ritorno ad una piena e duratura occupazione”.

Per Cgil, Cisl e Uil puntare della cantieristica non significherebbe peraltro penalizzare altre aree di ricerca e di settore della Difesa: “gli investimenti nella cantieristica militare – sottolineano –  coprono per circa il 50%, l’elettronica, i sistemi di difesa, il sistema missilistico, ed altre componenti, quali, ad esempio, l’elicotteristica. L’importanza di questa opzione viene sottolineata dal fatto che queste risorse una volta impegnate, per circa il 90% resterebbero in Italia, senza andare a favorire investimenti esteri che peggiorerebbero la nostra bilancia commerciale”.